Letture critiche
Pietro Perconti, L'autocoscienza. Cosa è, come funziona, a cosa serve. Laterza, Roma-Bari, 2008 pp. 168.
di Mariastella Signoriello
06.12.2009
Hume descriveva la mente come «una specie di teatro», se potessimo quindi paragonare l'attività mentale ad uno spettacolo teatrale, quale ruolo assegneremmo al nostro "io"? Istintivamente saremmo portati a rispondere che il ruolo che meglio gli si addice è quello di spettatore della propria attività mentale, ossia colui che osserva ciò che accade all'interno della propria testa. In realtà il confronto con lo spettatore non è appropriato perchè "io" è il regista della propria attività mentale, è colui che decide e determina fedelmente le proprie azioni; non è uno spettatore che osserva passivamente, bensì un regista che lavora attivamente al proprio "spettacolo mentale".
Pietro Perconti ne
L'autocoscienza. Cosa è, come funziona, a cosa serve sostiene che essere autocoscienti vuol dire essere consapevoli della propria vita mentale, della propria esistenza.
L'obiettivo che questo testo si propone è di spiegare l'autocoscienza alla luce delle nuove conoscenze della scienza cognitiva. Ciò vuol dire, in un certo senso, minare determinate convinzioni, proprie del senso comune sull'autocoscienza, dimostrando l'incoerenza tra l'immagine intuitiva che si ha di se stessi e i risultati sperimentali messi a disposizione dalla nuova scienza della mente. Ciò porta a rivedere l'autocoscienza non come un fenomeno squisitamente genuino e speciale dell'essere umano, bensì come un fenomeno "come tanti altri" e soggetto ad una serie di automatismi. L'autore suddivide così il testo in tre parti che rispondono alle domande "cosa è", "come funziona" e "a cosa serve".
"Ciascun individuo sa di essere autocosciente in modo istintivo e diretto, ed è convinto che esserlo sia un tratto caratteristico della sua persona" (p. 5). Questa considerazione alimenta la comune sensazione che essere consapevoli di se stessi sia quanto di più straordinario dell'essere umano. Tuttavia la moderna scienza della mente ha dimostrato che la consapevolezza di sé è una funzione cognitiva soggetta ad un gran numero di automatismi, e di una natura meno solida e unitaria di quanto si creda.
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