Letture critiche

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Francesco Paoli, Carlo Crespellani Porcella, Giuseppe Sergioli, "Ragionare nel quotidiano. Argomentare, valutare informazioni, prendere decisioni", Mimesis, Milano-Udine, 2012, pp. 256

di Paolo Labinaz
28.06.2014

Viviamo nella cosiddetta società dell'informazione. Viviamo cioè in una società dove opinioni, pensieri, idee e ragionamenti si diffondono velocemente e senza limiti grazie alla sempre più ampia disponibilità di strumenti tecnologici di comunicazione, per mezzo dei quali ormai gran parte della popolazione mondiale, dal manager della City fino al beduino del Sahara, vive collegata in una sorta di rete "informativa" globale. Discutiamo e argomentiamo su questioni di tutti i tipi: economia, politica, società, religione… ormai tutti, in qualche misura, hanno una opinione su tutto, e non mancano di esprimerla sui mezzi di comunicazione che ritengono più utili ai loro fini. Chiaramente, il rischio è che informazioni dubbie, non affidabili, inesatte, erronee o perfino volutamente ingannevoli vengano acriticamente prese per buone. C'è chi sostiene che il problema sia lo strumento: da un lato, il fluire continuo di informazioni da cui veniamo investiti giornalmente non lascerebbe spazio a un loro esame critico e, dall'altro, i ritmi veloci e serrati che caratterizzano le comunicazioni, dirette o mediate che siano, sarebbero all'origine delle difficoltà che troviamo nel dare ragione di quello che diciamo e facciamo. Se tuttavia consideriamo la questione più a fondo, quello che manca non è tanto il tempo di pensare quanto piuttosto un pensiero educato alla razionalità, un pensiero cioè che non si limita ad accogliere passivamente opinioni, ragionamenti e idee che sentiamo dagli altri, ma si ferma, quando necessario, a valutare anche la loro fondatezza. Il contesto educativo italiano è un esempio lampante: non sono previsti programmi o percorsi di educazione alla razionalità né a livello di istruzione scolastica né in ambito universitario (sebbene ogni test d'ammissione ai corsi di laurea a numero chiuso preveda una sezione dedicata ai quiz di logica!). Le direttive del Ministero della Pubblica Istruzione spingono certamente verso un rafforzamento delle cosiddette competenze trasversali, di cui quelle logico-argomentative fanno parte, ma poi non è chiaro dove, quando e secondo quali modalità vadano insegnate e accertate. Si potrebbe sostenere che studiare filosofia, leggere i classici, tradurre dal latino e imparare a risolvere problemi matematici siano già attività didattiche funzionali al rafforzamento di queste abilità. È ovvio che se il problema viene posto in questi termini diviene superfluo istituire corsi o moduli dedicati all'apprendimento di tecniche argomentative o di pensiero critico. Le attività didattiche sopra elencate sono certamente utili ad accrescere il pensiero razionale ma in verità non sono sufficienti se si vuole aiutare gli studenti a riflettere sui più classici errori di ragionamento, quelli che un po' tutti fanno (anche i premi Nobel o le persone con un elevato quoziente intellettivo!), o dare loro indicazioni su come migliorare i propri stili argomentativi. Ecco perché il volume Ragionare nel quotidiano apre una breccia nell'indifferenza generale legata a questo tema: con un linguaggio semplice, spesso accattivante, e con un uso sapiente di esempi della vita quotidiana e di immagini (brevi storie a fumetti, grafici, mappe concettuali, tabelle riassuntive ecc.) rende disponibile a chiunque, dalla plurilaureata fino al "casalingo" (tanto per rimescolare i generi!), le basi necessarie per apprendere a ragionare correttamente e pensare criticamente. Stiamo parlando ovviamente di uno strumento: senza un reale supporto delle istituzioni scolastiche e universitarie poco può fare un libro, sebbene il solo fatto di prenderlo in mano e leggerne alcune pagine può aiutare a renderci consapevoli di quanto poco razionali siano i nostri discorsi e ragionamenti, oltre che quanto ingenui siamo noi davanti alle argomentazioni altrui.

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