Letture critiche

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Antonio Marturano, Il "Dilemma di Jørgensen", Roma, Aracne, 2012, pp. 166.

di Alessandro Pizzo
05.04.2013

Il volume di Antonio Marturano pone al centro della discussione filosofica un tema diffuso presso i cultori di filosofia analitica. Si tratta della formulazione nota come dilemma di Jørgensen, dal nome del filosofo danese, Jørgen Jørgensen, che, sul finire degli anni '30, si era posto il problema della significanza delle enunciazioni imperative. Marturano ha sicuramente il pregio di offrire una panoramica precisa e ricca in merito, rendendo anche conto degli ultimi avanzamenti del dibattito neopositivistico prima, ed analitico poi, intorno al trattamento formale con il quale prendere in considerazioni le enunciazioni non teoriche, o cognitive, le quali, pur non potendo godere del medesimo trattamento logico di cui godono le enunciazioni indicative, denotano una certa logica, ossia il rispetto di un insieme di regole deduttive. Il problema di Jørgensen, detto altrimenti, è valutare quali possano essere tali regole e se abbiano, o meno, un legame con le comuni regole della logica. La difficoltà sta nella natura di quest'ultima, la quale si caratterizza principalmente in termini verofunzionali: gli operatori formali funzionano in quanto accettano i valori di vero e/o di falso. E la verofunzionalità, intesa come trasmissione del relativo valore di verità dalle premesse alle conclusioni, diventa garanzia di validità per tutti i ragionamenti deduttivi. Cosa accade, però, se in suddetti ragionamenti figurano, come premesse e/o conclusioni, enunciazioni imperative?

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