Letture critiche

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Jennifer Mather Saul, "Lying, Misleading, & What is Said", Oxford, Oxford University Press, 2012, pp. xi + 146

di Marina Sbisà
27.10.2014

Il volume di Jennifer Saul Lying, Misleading, & What is Said è agile, bene informato e ricco di idee. Si inserisce anzitutto nell'ambito della filosofia del linguaggio e in particolare del dibattito sulla nozione di "ciò che è detto" mediante il proferimento di un enunciato (il suo senso esplicito, in contrapposizione ai suoi impliciti) – un dibattito che ha avuto una funzione centrale, negli scorsi anni, nei confronti della distinzione fra semantica e pragmatica e del contrasto fra contestualismo e anticontestualismo. Ma investe anche altri aspetti della riflessione filosofica, in particolare l'etica, che da sempre condanna la menzogna, però a volte fa distinzione fra menzogna e tentativi di ingannare dicendo il vero. Così facendo, il volume porta la filosofia del linguaggio a contatto con casi della vita, rilevanti per aspetti morali, ma anche socio-culturali, storici, legali, politici. Con esiti decisamente interessanti. Rispetto al problema filosofico-linguistico della definizione di "ciò che è detto", il volume porta un triplice contributo. Una analisi concisa e puntuale delle varie opzioni sul mercato per definire "ciò che è detto" e distinguerlo dagli impliciti. Una ipotesi metodologica: se "ciò che è detto" è stato dalla maggior parte dei teorici riconosciuto come in qualche misura dipendente dal contesto, potrebbe anche darsi che distinzioni come quella fra dire e implicare siano esse stesse contestuali, perché le tracciamo quando servono, e possono servire a fini diversi. E una proposta operativa, quella di una definizione di "ciò che è detto" che serva a distinguere fra bugie e enunciati fuorvianti.

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