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Ludwig Wittgenstein

di Marilena Andronico
27.06.2012

Ludwig Wittgenstein (Vienna 1889 - Cambridge 1951) è stato uno dei maggiori filosofi del ventesimo secolo. Tradizionalmente si distinguono almeno due fasi del suo pensiero: quella del Tractatus logico-philosophicus e quella caratterizzata principalmente dalle Ricerche filosofiche. Il pensiero di Wittgenstein ha esercitato una profonda influenza sia sugli sviluppi del neoempirismo, sia sulla formazione della cosiddetta "filosofia del linguaggio ordinario". Anche oggi il confronto con le sue idee rappresenta un passaggio obbligato per ampi settori della filosofia: dalla filosofia della mente alla metafilosofia, dall'etica all'estetica, dalle discussioni sulle regole, la normatività e il relativismo a quelle sulla certezza, la conoscenza e lo scetticismo. In questo profilo mi limito a fornire una presentazione delle idee centrali delle due opere menzionate, seguendo il filo conduttore della distinzione tra senso e nonsenso, nella sua interpretazione classica.


Vi è un contrasto palese tra l'immensa influenza esercitata dal pensiero di Wittgenstein sulla filosofia del Novecento e l'esiguità dei suoi lavori pubblicati in vita, che consisto-no soltanto in una recensione, La scienza della logica [1913], in un libro, il Tractatus logico-philosophicus [1921 e 1922], e in un articolo, Alcune osservazioni sulla forma logica [1929]. Ma proprio l'esperienza del contrasto tra vari tipi di estremi è ciò a cui sia la filosofia, sia la biografia di Wittgenstein abituano il lettore interessato a seguirne le vicende: basti dire che sul piano teorico abbiamo tanto un Wittgenstein che indaga l'essenza dell'unico linguaggio possibile, quanto un Wittgenstein anti-essenzialista e difensore della pluralità dei giochi linguistici e delle forme di vita, mentre sul piano biografico abbiamo tanto il filosofo mosso da ideali ascetici che cerca l'isolamento in luoghi sperduti per sottrarsi al rumore del mondo, quanto l'uomo bisognoso di affetto e di cure che negli ultimi anni della sua vita sceglie di abitare a casa di colleghi e amici, non avendone più una propria. Disparate e contrastanti sono poi le influenze e le fonti d'ispirazione del lavoro filosofico di Wittgenstein, che spaziano da Goethe, Schopenhauer, Spengler, Kraus, Freud a Boltzmann, Hertz, Brouwer, da Frege a Russell e Moore, da Frazer a Sraffa; e per finire, parimenti contrastanti sono le interpretazioni di tale lavoro, che hanno fatto di Wittgenstein, di volta in volta, uno dei fondatori del neopositivismo, un sostenitore dell'antirealismo, un paladino dello scetticismo e del relativismo, un pensatore prossimo al comportamentismo, al pragmatismo, all'ermeneutica, un filosofo dell'ineffabile.

Tale stato di cose dipende senz'altro dall'ampiezza e dalla varietà delle esperienze intellettuali fatte da Wittgenstein nel corso di una vita vissuta non solo in un periodo storico, dal 1889 al 1951, molto travagliato e portatore di nuove idee e grandi cambiamenti, ma anche e soprattutto dalla sua convinzione che l'esercizio del lavoro filosofico debba ope-rare una trasformazione profonda nella vita di chi lo pratica. Ogni incontro, ogni lettura, e persino eventi di portata planetaria come le due guerre mondiali sono stati per lui occasioni per mettere alla prova o le proprie idee, o la propria integrità morale, e il più delle volte, entrambe. Così, se le due opere maggiori associate al suo nome, il Tractatus logico-philosophicus e le Ricerche filosofiche, appaiono come distillati di un pensiero a tratti disincarnato, accanto e dietro ad esse si colloca una mole di annotazioni, lettere e appunti che testimoniano del duro lavoro compiuto dal filosofo su se stesso, al fine di avvicinarsi, nella formulazione delle proprie riflessioni, ad un tipo di chiarezza che egli per primo interpretava come una qualità etica. Per questa ragione, inoltre, non è possibi-le separare del tutto l'esposizione del pensiero di Wittgenstein dal racconto, anche parziale, della sua vita.

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