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L'etica animale

di Simone Pollo
01.07.2011

Nel XX secolo la moralità delle relazioni fra esseri umani e animali non-umani è stata fatta oggetto di sistematica analisi filosofica, sino a costituire una branca dell'etica applicata oggi nota come «Etica animale». Questo ramo della riflessione etico-filosofica si occupa di argomentare in favore dello status morale degli animali non umani e di analizzare le conseguenti responsabilità umane. Pur in una varietà di posizioni, le diverse elaborazione teoriche di tale riflessione avanzano una comune richiesta di cambiamento delle relazioni fra umani e non, soprattutto per quanto riguarda l'uso di animali a fini alimentari e per la sperimentazione.


Nella seconda metà del XX secolo nascono e fioriscono numerose aree di riflessione e ricerca che vengono raccolte sotto la denominazione generale di «etica applicata». Con questa espressione si indica il progressivo incremento dell'attenzione dedicata dai filosofi morali a questioni di natura applicativa, come quelle relative agli inediti problemi morali sollevati dalle nuove tecnologie mediche, dagli effetti dei processi di industrializzazione sull'ambiente naturale e sulle generazioni future o, ancora, dalle nuove forme della comunicazione di massa. Nascono in questo periodo quelle aree di riflessione che oggi conosciamo sotto i nomi di «Bioetica» (Kuhse & Singer 1998; Lecaldano 2005), «Etica ambientale» (Bartolommei 1995; Jamieson 2001), «Etica delle generazioni future» (Pontara 1995; Sikora & Barry 1978), «Etica degli affari» (Frederick 1999) e così via (per un'ampia rassegna: Frey & Wellman 2005). Fra queste aree c'è anche quella che viene definita «Etica animale», ovvero sia la riflessione circa l'eventualità di includere nella sfera della considerazione morale gli animali non umani, sui criteri di tale inclusione e sui doveri e sulle responsabilità umane che ne derivano (Armostrong & Botzler 2003; Battaglia 1997; Cavalieri 1999; De Mori 2007; Hursthouse 2000).

De Mori 2007; Hursthouse 2000). L'etica animale, così intesa, rientra a pieno titolo nella famiglia delle etiche applicate e, tuttavia, presenta almeno due differenze peculiari rispetto ad altre aree di riflessione quali la bioetica e l'etica ambientale alle quali è spesso accostata (e talora unita ad esse in una definizione «ampia» di Bioetica: Lecaldano 2005). La prima distinzione riguarda le cause che l'hanno prodotta, la seconda la sua relativa novità. Anzitutto, volendo dare una ricostruzione storica del contesto che ha generato le diverse declinazioni dell'etica applicata, si può constatare che le altre sfere nascono generalmente come l'effetto di due cause concomitanti. Da un lato, infatti, lo sviluppo delle etiche applicate ha avuto luogo nel terreno fertile delle trasformazioni sociali che hanno caratterizzato le società occidentali negli anni Sessanta e Settanta dello scorso secolo. Il processo di democratizzazione della società e le lotte per i diritti civili di quegli anni hanno contribuito alla riflessione su quei nuovi diritti che caratterizzano, ad esempio, la bioetica umana nei campi della procreazione, della cura e della fine della vita (Lecaldano 2005, pp. 33-44). Il secondo fattore causale nella nascita delle etiche applicate è rappresentato dalle innovazioni tecnologiche che hanno sollevato problemi inediti per gli esseri umani, questioni cioè che le etiche tradizionali, del senso comune morale e della riflessione filosofica, erano impreparate a maneggiare. Tecnologie come, ad esempio, la fecondazione in vitro, il DNA ricombinante, le macchine per rianimazione hanno causato la nascita della riflessione bioetica. Allo stesso modo, la consapevolezza della difficile rimediabilità (o irrimediabilità) degli effetti sull'ambiente dei processi di industrializzazione e la presa di coscienza dell'inevitabile esaurirsi delle risorse naturali ha contribuito alla nascita dell'etica ambientale (Bartolommei 1995, pp. 22-25).

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