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Autoconoscenza

di Patrizia Pedrini
27.09.2011

Come conosciamo la nostra mente? Che tipo di rapporto abbiamo con i nostri stati mentali? Siamo gli spettatori degli eventi mentali che popolano la nostra mente oppure abbiamo con essi un rapporto in prima persona? L'opposizione al Cartesianesimo e l'affermazione del naturalismo in filosofia della mente hanno coinciso con il trionfo di una prospettiva in terza persona, ovvero di carattere osservativo, verso i nostri stati mentali. Vi sono invece ragioni fenomenologiche evidenti per sostenere che il rapporto che abbiamo con i nostri stati mentali non è principalmente di tipo spettatoriale e osservativo.


Come conosciamo la nostra mente? Che tipo di rapporto abbiamo con i nostri stati mentali? Siamo gli spettatori degli stati mentali che popolano la nostra mente oppure abbiamo con essi un rapporto immediato, "in prima persona"? L'opposizione al Cartesianesimo e l'affermazione del naturalismo in filosofia della mente hanno coinciso con il trionfo di una prospettiva "in terza persona", cosiddetta, verso gli stati mentali di cui siamo portatori: secondo questa prospettiva, quando conosciamo i nostri stati mentali, non facciamo altro che osservarli, nello stesso modo in cui osserviamo gli stati mentali di un altro o gli eventi del mondo. A questo esito hanno contribuito anche l'influenza delle riflessioni critiche di Ludwig Wittgenstein e di Gilbert Ryle, l'eredità del movimento psicoanalitico e i nuovi risultati della psicologia sperimentale e delle scienze cognitive. Inoltre, siamo esseri capaci di conoscere i nostri stati mentali autorevolmente? Detto altrimenti, quando possediamo uno stato mentale di prim'ordine (cioè uno stato mentale costituito da un atteggiamento verso una certa proposizione p), siamo in grado di formare credenze di second'ordine vere e giustificate (cioè atteggiamenti di credenza che abbiamo per oggetto gli stati mentali di prim'ordine), oppure, come già voleva Jean-Paul Sartre, e come la scienza cognitiva e la vita ordinaria in generale sembrano testimoniare, spesso succede che gli altri siano invece i migliori giudici di noi stessi, condannati come siamo all'ignoranza di larghe porzioni della nostra vita mentale o a forme di autoinganno?

Una delle posizioni maggiormente accreditate il letteratura sostiene che vi sono importanti ragioni fenomenologiche per affermare che il rapporto che abbiamo con i nostri stati mentali, in condizioni normali, non è principalmente di tipo spettatoriale e osservativo, bensì è in larga parte un rapporto che può essere definito "in prima persona", ovvero raggiunto in modo prevalentemente immediato e non inferenziale, a differenza di quello che succede per la conoscenza degli stati mentali altrui. Secondo questa posizione, fenomeni come l'autoinganno o l'ignoranza circa i propri stati mentali non pregiudicano l'esistenza di fenomeni paralleli di piena autorità del soggetto che si autoconosce. Per comprendere in che modo una parte centrale della conoscenza che abbiamo dei nostri stati mentali si distingua dalla conoscenza che abbiamo degli stati mentali altrui, e per definire con chiarezza le sue caratteristiche epistemiche e metafisiche della prima, occorre ripercorrere l'itinerario concettuale offerto negli ultimi decenni dal dibattito sull'autoconoscenza, fino agli esiti più recenti della ricerca.

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