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L'imperscrutabilità del riferimento

di Francesco Gallina
18.04.2014

Le intuizioni preanalitiche che guidano le nostre pratiche linguistiche, insieme ad alcune teorie semantiche, ci inducono a ritenere che le particelle sub-enunciative dotate di portata referenziale intrattengano relazioni del tutto definite con gli oggetti che popolano il mondo. In particolare, un qualsiasi termine, sia esso un nome o un predicato, si riferisce solo e soltanto alla propria denotazione o agli elementi della propria estensione. Ciò nonostante alcuni filosofi hanno avanzato diverse argomentazioni per sostenere che la nozione di riferimento risulta indeterminata, in quanto, secondo costoro, non sussiste nessun vincolo strettamente extralinguistico o extraconcettuale utile a stabilire le denotazioni dei nomi e le estensioni dei predicati. Il presente contributo intende illustrare due delle principali strategie argomentative a sostegno della tesi dell'imperscrutabilità del riferimento, per poi esibire alcune critiche a cui può essere soggetto l'approccio in questione. Inoltre verranno presentate le principali implicazioni ontologiche, metafisiche ed epistemologiche che derivano dall'assunzione dell'imperscrutabilità del riferimento.


Le intuizioni che guidano le nostre pratiche linguistiche ci inducono a ritenere che alcune componenti degli enunciati intrattengano relazioni del tutto definite con gli oggetti che popolano la realtà extralinguistica. In particolare, il riferimento delle particelle subenunciative sarebbe determinato dal fatto che, banalmente, le prime rinviano a quegli oggetti di cui sono vere. Esemplificando, si prenda in considerazione il seguente enunciato:

(1) Questo è un coniglio.

Sarebbe del tutto ragionevole pensare che l'estensione del predicato "coniglio" che occorre in (1) sia composta da solo e soltanto quelle entità che sono conigli, le sole entità di cui il predicato in questione è vero. La determinatezza del riferimento non è di pertinenza del solo senso comune, ma costituisce una delle conclusioni di diverse teorie semantiche. Si pensi, a titolo di esempio, al celebre saggio Über Sinn und Bedeutung, dove Frege [1892, tr. it., p. 10] mette in luce che un nome proprio, in un contesto di discorso diretto, è connesso a due differenti entità extralinguistiche: la prima è l'oggetto che il nome nomina (cioè la denotazione), mentre la seconda è il modo con cui il nome si riferisce alla propria denotazione (ovvero il senso).

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