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La disputa nominalisti-universalisti

di Francesco F. Calemi
08.12.2009

Gli enti che popolano il mondo devono essere molti ed in qualche modo uno. È questa la tensione teoretica fondamentale che dà luogo ad uno dei più annosi e nondimeno più attuali dibattiti filosofici: il problema degli universali. Da Platone a Quine, attraverso Tommaso d'Aquino, Galilei e Russell – solo per nominare alcuni casi rappresentativi –, il problema degli universali ha avuto grande rilevanza per questioni riguardanti l'epistemologia, la teologia, la scienza, la matematica e la semantica. Il presente lavoro intende essere espositivo e focalizzerà l'attenzione sul nucleo problematico principale, ossia su come sia possibile, se lo è, che enti numericamente differenti abbiano una natura qualitativa identica. In quanto segue passeremo in rassegna le soluzioni più eminenti, ossia l'universalismo, il nominalismo ed il particolarismo, vagliando per ciascuna di esse i relativi pro e contra.


Il 'parlare di proprietà' è un fenomeno estremamente pervasivo e basta una rapida scorsa alle nostre pratiche linguistiche quotidiane per rendersene conto: descriviamo ciò che ci circonda ("Questo foglio è bianco"), registriamo cambiamenti ("Marco è diventato calvo"), facciamo previ-sioni ("L'umidità dell'aria farà aumentare la temperatura percepita"), impartiamo ordini ("Se vedi rosso, fermati!"), esprimiamo propositi ("Farò una dieta per essere meno pesante") e così via in una casistica sterminata. Non solo. Spesso i molteplici individui che popolano il mondo presentano delle caratteristiche talmente simili ed omogenee da indurci a parlare di proprietà identiche aventi porta-tori distinti.Dalle romantiche comparazioni del tipo "I tuoi capelli hanno lo stesso colore del grano", alle ben più austere comunicazioni scientifiche come "La massa di queste particelle è esattamente la stessa", il nostro linguaggio sembrerebbe registrare l'esistenza di quelle entità ricorrenti che la tradizione filosofica ha battezzato col termine 'universali', ossia quelle caratteristiche (possedute dagli oggetti) che sembrano godere di un grande privilegio metafisico: il dono dell'ubiquità. Tuttavia l'esistenza di proprietà, e tanto più la loro natura universale, sono al centro di un dibattito che arrovella i filosofi di ogni tempo e che vede confrontarsi due principali famiglie di strategie risolutive: quella dei nominalisti, dedita alla strenua resistenza contro la postulazione di proprietà, e quella degli universalisti che invece difende a spada tratta l'esistenza di universali. Vedremo tuttavia che le opzioni disponibili sono molto più variegate di quanto questa prima formulazione possa far ipotizzare: non solo infatti vi sono forme di nominalismo e di universalismo più o meno moderate, ma esiste anche una soluzione chiamata 'particolarismo' che oggigiorno prende sempre più piede e che si configura come una teoria ibrida. In quanto segue tracceremo, senza alcuna pretesa di completezza, un quadro generale di tali costellazioni teoriche mettendo a fuoco alcuni dei principali argomenti pro e contra ciascuna di esse.

2. L'UNIVERSALISMO: REPETITA IUVANT
Per quanti facciano proprio il credo universalista non vi sono dubbi sul fatto che gli universali siano indispensabili per poter spiegare almeno tre fenomeni fondamentali altrimenti incomprensibi-li:
(i) la predicazione,
(ii) la somiglianza,
(iii) il riferimento astratto.
L'idea di base è che ciascuno di essi richieda un appropriato fondamento e che solo un'ontologia di universali possa fornirne uno adeguato. Procediamo con ordine.
Ogni qual volta applichiamo con verità un predicato ad un nome, chiede l'universalista, quale regione di realtà fonda la verità dell'asserzione così ottenuta? A questa appetitosa mela che ho da-vanti è toccato in sorte di essere verde; chiediamoci dunque cosa nel mondo renda vera l'asserzione
(1) Questa mela è verde.
A chi sostenesse che è solo la mela l'autentica responsabile della verità di (1), si potrebbe far notare che, tutt'al più, la sola esistenza della mela potrebbe rendere vera l'asserzione
(2) Questa mela è identica a se stessa,
mentre non sarebbe sufficiente nel caso di (1). Senza contare, poi, che sarebbe difficile spiegare perché mai (1) e
(3) Questa mela è rossa
abbiano valori di verità differenti: la differenza, avverte l'universalista, non può essere prodotta solo dalla mela ma dalla mela in congiunzione con una delle sue caratteristiche, la proprietà dell'esser verde. Non basta quindi che questa mela esista affinché (1) sia vero, dacché essa potrebbe esistere e non essere verde; ne segue che per ritrovare un adeguato fondamento della verità di (1) occorre prendere sul serio non solo l'esistenza della mela ma anche l'esistenza di un suo specifico modo di essere, ossia la proprietà dell'esser verde che, in quanto posseduta dalla mela, è sufficiente a spie-gare perché (1) sia vera e (3) falsa. Qualora non si postulasse l'esistenza di proprietà non si potreb-be comprendere in che senso questa mela possa rendere vera (1) piuttosto che (3). Il nominalista potrebbe ribattere che per lui la differenza di valori di verità tra (1) e (3) costituisce un fatto fonda-mentale e non ulteriormente esplicabile. Ma in tal caso l'universalista avrebbe gioco facile nel far notare che semmai vi siano fatti fondamentali sarebbe ragionevole supporre che questi siano tutt'altro che semantici. A riguardo infatti abbiamo intuizioni molto vive: se qualcuno ci dicesse che la mela è verde perché l'asserzione (1) è vera, o che Luca pesa 80 kg perché l'asserzione "Luca pe-sa 80 Kg" è vera, o ancora che l'elettrone e ha spin 1/2 perché "L'elettrone e ha spin 1/2" è vera, gli faremmo notare che sbaglia direzione esplicativa. Lo spin degli elettroni, il peso delle persone o il colore dei frutti non solo sono proprietà possedute indipendentemente dai suddetti fatti semantici, ma sono anche ciò che li fonda e li spiega.

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Numero della rivista
N°01 / APhEx

Parole chiave
Universali, Proprietà, Tropi, Nominalismo


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