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Vaghezza

di Silvia Gaio
05.12.2009

Nel contributo viene presentato il fenomeno linguistico della vaghezza e vengono indicati i problemi filosofici che questo fenomeno comporta. Sono considerati gli aspetti comuni a tutte le espressioni vaghe del linguaggio ordinario: casi borderline, confini (apparentemente) sfumati, paradosso del Sorite. Questi distinguono la vaghezza da altri fenomeni linguistici, quali l'ambiguità, la sottospecificazione e la dipendenza contestuale. Vengono, poi, presentate brevemente le tesi sostenute dalle principali teorie che cercano di spiegare tale fenomeno e di risolvere i problemi di natura logica che esso comporta.


La vaghezza è un fenomeno che emerge nel linguaggio ordinario e interessa termini appartenenti a diverse categorie lessicali, ad esempio:

• aggettivi ('alto', 'giovane', 'rosso', …)
• avverbi ('sommessamente', 'velocemente', 'chiaramente', …)
• sostantivi ('montagna', 'embrione', 'adolescente', …)
• termini singolari ('Everest', 'Sahara', …)
L'obiettivo di questo contributo è mostrare in cosa consiste il problema linguistico-filosofico della vaghezza. Innanzi tutto saranno presentati i fenomeni di vaghezza e le intuizioni che i parlanti possono avere rispetto ad essi a livello pre-teorico (sezione 1). In secondo luogo, anziché offrire una definizione della nozione di vaghezza, verrà presentata una caratterizzazione del fenomeno della vaghezza. Mi concentrerò soprattutto su questo punto. Saranno considerati gli aspetti che caratterizzano le espressioni vaghe del linguaggio ordinario in modo da distinguere la vaghezza da altri fenomeni linguistici, quali l'ambiguità, la sottospecificazione e la dipendenza contestuale (sezione 2). Infine, enuncerò brevemente e senza alcuna pretesa di completezza le tesi sostenute dalle principali teorie che cercano di spiegare il fenomeno della vaghezza e di risolvere i problemi di natura logica che esso comporta (sezione 3). Per approfondire il problema della vaghezza, le questioni linguistiche, metafisiche ed epistemiche ad esso collegate, le teorie che cercano di affrontarlo, nonché per ulteriori riferimenti bibliografici, si vedano Paganini [2008] e le raccolte di saggi di Keefe e Smith [1997] e Graff Fara e Williamson [2002].
1. FENOMENI DI VAGHEZZA
Consideriamo un uomo italiano di nome Mario, alto 175 cm. Supponiamo che qualcuno, riferendosi a lui, dica:
(1) "Mario è alto".
Come valutiamo (1) ? È vero o falso? Probabilmente alcuni diranno che (1) è vero, altri che è falso, altri ancora rimarranno indecisi sul valore di verità da attribuire a (1), e magari diranno che Mario non è né alto né basso. Perché non siamo concordi nell'attribuire lo stesso valore di verità a (1) ? Si può pensare che ciò derivi dal fatto che non sappiamo come applicare l'aggettivo 'alto' ad alcuni casi, o perché vi è una sorta di imprecisione linguistica legata all'uso di 'alto', o perché le nostre strutture cognitive non ci permettono di conoscere l'estensione del predicato 'essere alto'.
Consideriamo ora l'aggettivo 'rosso'. Immaginiamo una parete dipinta in modo tale da presentarsi all'estremità sinistra di colore rosso e, passando attraverso toni di colore progressivamente sfumati, di colore arancione all'estremità destra. Abbiamo dunque una serie progressiva di strisce verticali di colore, ciascuna delle quali differisce da quella successiva per un cambiamento di tonalità impercettibile ad occhio nudo. Se guardiamo la prima striscia all'estrema sinistra della parete, diciamo che essa è rossa e, poiché non notiamo alcuna differenza con la striscia successiva, diciamo che pure la seconda è rossa. Procedendo in questo modo e considerando due strisce contigue alla volta, continueremo a dire che hanno lo stesso colore – ovvero, che sono rosse – perché non notiamo alcuna differenza. Ma allora arriveremo a concludere che anche la striscia all'estrema destra è rossa, mentre la percepiamo chiaramente arancione.

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