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Meccanismi causali nelle scienze sociali

di Attilia Ruzzene
21.04.2012

Il concetto di meccanismo si è recentemente imposto nel dibattito filosofico e metodologico come una promettente chiave di lettura della logica e dell'operare delle scienze sociali. Nel presente contributo si caratterizzano il ruolo e l'efficacia di tale concetto nel contesto socio-scientifico in riferimento ai seguenti aspetti. In primo luogo si considerano le virtù esplicative del modello meccanistico con particolare riguardo ai vantaggi che esso comporta rispetto al modello nomologico-deduttivo. In secondo luogo si esaminano l'uso e l'utilità dei meccanismi al fine di accertare la natura causale delle regolarità empiriche. Si conclude infine con una nota di cautela in cui si indicano i limiti alla applicabilità ed efficacia del concetto di meccanismo nelle scienze sociali.


Il concetto di meccanismo ha ricevuto negli ultimi anni attenzioni crescenti da parte di filosofi della scienza e scienziati che si occupano di questioni metodologiche e meta-teoriche afferenti la propria disciplina, tanto da poter parlare, seppure con cautela, di una sorta di svolta meccanistica. È fuor di dubbio che tale svolta abbia generato un certo entusiasmo che si è manifestato a partire dalla metà degli anni novanta in un numero crescente di pubblicazioni internazionali nel cui titolo il termine meccanismo compare [Williamson 2011]. Se non totalmente giustificato, come alcuni critici suggeriscono [Reiss 2007], tale entusiasmo è nondimeno comprensibile. Il concetto di meccanismo ha infatti dimostrato di essere fertile ed ampiamente applicabile all'interno della riflessione filosofica e meta-teoretica. In primo luogo tale concetto sembra avere la capacità di caratterizzare efficacemente gran parte della pratica scientifica, manifestando quindi delle virtù descrittive. Ragionamenti di natura meccanistica sono infatti presenti in larga misura nelle cosiddette scienze speciali, che comprendono le scienze della vita (biologia, medicina, epidemiologia), le scienze cognitive, e le scienze sociali (economia, sociologia, scienza politica, antropologia). Il modello meccanistico costituisce inoltre un modello di spiegazione scientifica alternativo alle tradizionali teorie esplicative, alle cui mancanze esso sembra in parte poter sopperire. Infine, esso si è decisamente imposto nel campo della riflessione causale, come teoria autonoma per alcuni, e quindi in competizione con i modelli in voga, o come strumento complementare di interpretazione causale per altri. Per esempio, esso è passibile di applicazione in contesti (come quelli sociali) ai quali i tradizionali modelli meccanistico-processuali del tipo Salmon-Dowenon sembrano invece essere adeguati. Tale innovazione concettuale è perciò di vasta portata ed ha implicazioni rilevanti non solo di carattere teorico ma anche metodologico. Parlare di innovazione concettuale in relazione alla nozione di meccanismo causale è sicuramente una forzatura dal momento che il suo uso è largamente precedente quella che io ho definito come la svolta meccanistica degli ultimi decenni. Tale svolta ha tuttavia dato vita ad una riflessione più sistematica in campo filosofico e metodologico. Nell'ambito delle scienze sociali, oggetto del presente articolo, il termine meccanismo aveva per esempio già sperimentato ampia diffusione. Ma si trattava per lo più di un uso generico e approssimativo. Hedstrom e Swedberg [1998] parlano a questo riguardo di proto-concetto mertoniano; un'idea cioè acerba, rudimentale, particolare (di limitata applicazione) e poco sviluppata. Più recentemente i filosofi della scienza insieme agli stessi sociologi e politologi hanno tentato di dare a tale proto-concetto una connotazione più precisa, uniforme e tecnica. Lungi dal pervenire ad una singola nozione di meccani-smo, la crescente attenzione da parte di filosofi e metodologi ha favorito una certa "esuberanza" concettuale; ha prodotto cioè una proliferazione di definizioni. Tale fatto è stato riconosciuto da diversi autori come una debolezza che si auspica presto o tardi superabile [Gerring 2008, Hedstrom e Ylikoski 2010, Mahoney 2001, Reiss 2007, 2008]. Nonostante tale varietà concettuale, vi sono comunque alcuni punti fermi intorno a cui si è formato un certo consenso.

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