Quando in filosofia del linguaggio viene trattato il problema del riferimento, di solito vengono proposte analisi semantiche relative ai nomi propri, alle descrizioni definite e agli indicali singolari. Tuttavia nella maggior parte delle lingue naturali esistono anche quelle che sembrano essere espressioni di riferimento plurale: descrizioni definite plurali, come "i figli di Giovanni", indicali plurali come "loro" o "questi libri" e, forse, anche nomi propri plurali come "Le Eolie" o "Le Pleiadi".
È innegabile che queste espressioni hanno ricevuto da parte degli studiosi un'attenzione molto minore rispetto a quella riservata alle corrispondenti espressioni singolari. Sulle ragioni di questa sproporzione si può fare più di una congettura. Qui ne avanzerò una interna alla teoria semantica, così come si è sviluppata da Frege in avanti. Come è noto, secondo Frege i predicati denotano funzioni da oggetti a valori di verità. La funzione matematica può accettare come input un singolo oggetto e dare come output ancora un singolo oggetto. Di conseguenza, in questa cornice teorica i predicati possono saldarsi solo con espressioni referenziali singolari. In effetti, all'interno del programma fregeano i sintagmi nominali (SN) sono trattati o come espressioni denotanti singoli oggetti (nomi propri, descrizioni definite singolari, indicali singolari) o come espressioni quantificate: non c'è posto per le espressioni referenziali plurali. Per costituire enunciati, i predicati possono essere o saturati da un oggetto o la loro variabile può essere vincolata da un quantificatore. Non sembra possibile una terza via. Poiché la teoria semantica successiva è stata fortemente influenzata dalla teoria fregeana della predi-cazione, è naturale che il riferimento plurale venisse lasciato sullo sfondo.
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Riferimento plurale
di Aldo Frigerio
18.06.2012
In filosofia del linguaggio il riferimento plurale ha ricevuto un'attenzione molto minore rispetto a quello singolare. In questo articolo viene avanzata l'ipotesi che ciò sia almeno in parte dovuto alla classica interpretazione dei predicati come funzioni da oggetti a valori di verità. Poiché funzioni di questo tipo possono accettare solo argomenti singolari, ciò ha portato o a una scarsa attenzione nei confronti del riferimento plurale o addirittura al tentativo di ridurlo a quello singolare. Due sono gli obiettivi di questo saggio: il primo è quello di mostrare che i tentativi di ridurre il riferimento plurale a quello singolare falliscono, il secondo quello di abbozzare una teoria della predicazione alternativa a quella tradizionale che sia compatibile con il riferimento plurale.