La questione che mi propongo di trattare è quale sia il contributo delle narrazioni processuali alla giustizia intesa come corretta applicazione del diritto. Dato che le norme giuridiche hanno generalmente una struttura logica condizionale la cui protasi è un tipo di fatto e la cui apodosi è un tipo di conseguenza giuridica, in un processo per applicare correttamente il diritto si deve verificare se siano ricorse le condizioni fattuali di tali conseguenze normative. Se per esempio un soggetto abbia commesso un furto e debba essere sanzionato penalmente; o se un soggetto ne abbia danneggiato un altro e debba risarcirlo civilmente. Non occorre sostenere una particolare concezione della giustizia per condividere questo punto: basta la semplice idea che la giustizia in senso giuridico e processuale consista nella corretta applicazione del diritto, cioè nell'applicare a ciascuno le norme che il diritto prescrive gli vengano applicate a certe condizioni, o in breve nel dare a ciascuno quanto gli spetta alla luce delle norme. Ora il problema è che tali condizioni fattuali molto di rado vengono constatate direttamente da chi giudica; il più delle volte chi giudica deve fare affidamento su quanto gli viene narrato a proposito. Ci sono quindi delle narrazioni processuali con cui i soggetti coinvolti cercano di rendere conto dell'accaduto. Quali sono i caratteri di queste narrazioni? Come contribuiscono alla giusta applicazione del diritto?
Temi
Narrazioni processuali
di Giovanni Tuzet
31.03.2013
Il saggio chiede quale sia il contributo delle narrazioni processuali alla giustizia intesa come corretta applicazione del diritto e se le narrazioni dei soggetti processuali siano (più) simili alle narrazioni letterarie, a quelle storiche, o a resoconti scientifici. Date le somiglianze e le differenze fra tali narrazioni e resoconti, il saggio sostiene che è scorretto equiparare le narrazioni processuali a un altro genere di narrazioni: è un genere peculiare di narrazioni, irriducibile ad altri.