Consideriamo due enunciati: "la neve è bianca" e "Helsinki si trova in Finlandia" e contrapponiamoli ad altri due: "la terra è piatta" e "Adolf Hitler era un filantropo". Sebbene tutti e quattro vertano su argomenti disparati, allo stesso tempo condividono alcune semplici proprietà: sono enunciati dell'Italiano e contengono meno di cento parole, ad esempio. C'è poi qualcosa che i primi due sembrano avere in comune ma che sembra mancare agli altri: la verità. I primi due, infatti, sono enunciati veri.
Sulla strada di quest'esempio potremmo immaginare di fare una lunga lista, una lista infinita, di tutti gli enunciati italiani e dividerli in due gruppi: il gruppo di quelli veri e quello di tutti gli altri. Chiaramente questo non è umanamente fattibile, sia perché la lista sarebbe troppo lunga e sia perché di molti enunciati non sapremmo decider se siano veri o no. Ad ogni modo, mettendo tra parentesi simili problemi di fattibilità, cosa si voglia fare con questa separazione è abbastanza intuitivo. Ora concentriamoci sull'ipotetico gruppo di enunciati veri. In cosa consiste la proprietà che possiedono? E perché questi enunciati ne godono? Cosa manca a quelli che non l'hanno?
Porsi domande del genere vuol dire porsi la questione della verità. Si noti che questo problema dovrebbe innanzitutto esser tenuto distinto da quello di come riconosciamo la verità. Noi possiamo non sapere se un certo enunciato è vero ma possiamo comunque chiederci in cosa consisterebbe la sua verità se fosse vero.
Temi
Deflazionismo
di Andrea Strollo
28.06.2012
Che cos'è la verità? A questa domanda le teorie deflazioniste rispondono in modo sorprendente: niente, o quasi. Secondo il deflazionismo la verità, come proprietà, semplicemente non esiste o è priva di qualsiasi sostanza. In questo contributo presenterò tale posizione offrendo un breve resoconto critico dell'evoluzione della proposta e una disamina delle sue tesi centrali